La Casa dell'Orco
Complesso megalitico noto anche come "Dolmen di Pratola Serra"
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Località Provincia Contrada    
Latitudine
Longitudine
EPE
altezza l.m.m.
Pratola Serra
AV
San Michele
sito megalitico:
40.98562°
14.86870°
7
403 m. (GE)
       
sosta per auto:
40.98559°
14.86718°
n.r.
379 m. (GE)
                 
Oggetto        
Datazione
Azimut magn.
h.z.
Acqua
Complesso di tre ortostati megalitici e strutture minori presso Pratola Serra  
non determinata,
338/158
2°/3°
n.r.
         
Eneolitico?
     
Cultura Megalitica              
               
Lunghezza totale dei tre ortostati :
9,50 metri circa
Primo rilievo del 28 marzo 2008
Presenti:
     
Altezza media della struttura :
4 metri cica
Massimo
Caroelli
UAN  
       
Franco
Ruggieri
UAN SAIt SIA
Strumentazione utilizzata: GPS Garmin 10
Fabio
Vasta
UAN  
  Bussola
       
    Laser Bosch PLR26
       
     

Secondo rilievo del 6 luglio 2016

Presenti:
     
         
Luca
 Barone
UAN  
         
Elio
 Pentonieri
UAN SIA
         
Franco
 Ruggieri
UAN SAIt SIA
                 

Primo rilievo: foto del 28 marzo 2008 (Franco Ruggieri)
 
Tutte le immagini sono ingrandibili
 
     
I tre ortostati principali visti da nord-est
Vista da nord-est (nella foto: M.Caroelli e F. Vasta)
Composizione del materiale utilizzato
     
Vista da sud-ovest, sono presenti megaliti minori
Particolare
Fessura fra due ortostati
     
Fessura fra due ortostati (lato opposto)
Megaliti minori
Megaliti minori
     
     
Vista da est, oltre il vigneto
Vista da sud-est
Mascherone scolpito nella pietra
     

Secondo rilievo: foto del 6 luglio 2016 (foto di Luca Barone, Elio Pentonieri, Franco Ruggieri)
 
Tutte le immagini sono ingrandibili
 
     
Raggiungere il sito dove si trovano i megaliti non è poi così semplice. Sono all'interno di un terreno privato di proprietà della cantina "La casa dell'Orco", quindi conviene rivolgersi prima allo stabilimento (che si intravede in alto a sinistra della prima foto) e, ottenuto il permesso, farsi indicare il percorso. Ma negli otto anni trascorsi dalla nostra prima visita la Natura si è riappropriata di questa collinetta, rendendola invisibile all'occhio del turista come del ricercatore occasionale.
  .  
  .  

Prime due foto: luogo dove si può lasciare l'auto. In testa alla pagina sono indicate le coordinate. Da qui comincia la salita a piedi, non molto indicata per le persone anziane: un sentiero in cui in solo un centinaio di metri si supera un dislivello di 25 metri.   Complice il caldo di luglio, l'abbiamo percorso in quattro tappe. Si scopre di essere vicini quando si raggiungono due pini marittimi che verdeggiano uno accanto all'altro (ultima foto)

E qui viene in mente padre Dante che sta per avventurarsi in "esta selva selvaggia e aspra e forte / che nel pensier rinnova la paura". Benchè armati di machete e di buona volontà abbiamo impiegato circa mezz'ora per percorrere gli ultimi dieci metri. Risultati visibili in un particolare della terzultima foto.
     
La cima e un fianco di un ortostato, immersi nella selva
Qualche maldestro tentativo di confermare l'azimut
     
Alla fine ne siamo usciti: malconci, insanguinati (vedi l'ingrandimento dell'iconcina a sinistra) ma ancora vivi.
da sinistra: Franco, Elio e Luca indulgono a un selfie
I due pini marittimi che segnalano la vicinanza dei megaliti
     
CONCLUSIONI e COMMENTI:    
   
Dal punto di vista archeoastronomico:
L'azimut rilevato non lascia supporre, a prima vista, alcuna intenzione di natura astronomica da parte degli ignoti costruttori.
   
Dal punto di vista archeologico:
La struttura potrebbe essere stata il tentativo, non completato, di erezione di un dolmen a corridoio, di cui residuano oggi solo gli ortostati costituenti uno dei fianchi. Nessuna traccia dell'ipotetica tavola di copertura. Il mascherone è scomparso: forse nascosto dalla fitta vegetazione, forse prelevato da un collezionista.
   
Dal punto di vista della conservazione dei Beni Culturali:
E' singolare che l'Ente preposto alla Conservazione dei Beni Culturali abbia fino ad ora ignorato, in pratica, una struttura di questo genere che, se ne fosse confermata l'interpretazione, costituirebbe un unicum, a tutt'oggi, della presenza di manufatti megalitici in Campania.
 
Ma si sa: l'archeologia della preistoria nella nostra regione (come in gran parte d'Italia) sembra che non renda abbastanza, dal punto di vista culturale e turistico, perché valga la pena di investire qualcosa nella ricerca e valorizzazione di strutture architettoniche preistoriche: ci si limita a collezionare e descrivere qualche tomba, qualche selce lavorata e numerosi, interessanti, reperti fittili.
 
Eppure anche solo la ripulitura del sito e l'eliminazione della vegetazione spontanea che l'ha invaso permetterebbe, con ogni probabilità, di rilevare la presenza negli immediati dintorni di numerosi altri reperti più o meno coevi che potrebbero aiutarci a comprendere la vita di questi nostri lontani antenati.
 
La conclusione che ne deriva è che il fenomeno del megalitismo (ampiamente documentato in Liguria, in Sardegna e in Puglia e meno individuato nella Toscana e in Sicilia) non sia mai stato presente in Campania.
  Ma è andata davvero cosi?
 
Franco Ruggieri
     
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